STRATEGIE COMPORTAMENTALI

Qualsiasi pretesa di spingere le varie strategie comportamentali verso un’unica loro espressione ottimizzata, del tipo tutti buoni o tutti cattivi, sarebbe dunque destinata al fallimento in quanto i meccanismi connessi alla scelta dei partner e alle manifestazioni della fitness annullerebbero presto le omologazioni favorendo le novità espressive e i comportamenti fondati sulla creatività. Tali comportamenti tendono per loro natura a essere imprevedibili in modo da sfuggire a potenziali manipolazioni da parte di altri soggetti intenti a condurre un gioco di strategie fatte di alleanze, favoritismi e ritorsioni, tutti fondati sulla possibilità di prevedere il comportamento degli altri soggetti. Il determinismo genetico appare dunque non legittimato mentre il libero arbitrio trova una sua spiegazione adattativa proprio sul versante della creatività e dei comportamenti proteiformi connessi alla selezione sessuale.

di Antonio De Marco, ricercatore biologo evoluzionista, appassionato di etologia e docente universitario, che ha fondato e gestisce il Parco Faunistico di Piano dell’Abatino

Quando una macaca di Tonkeana di nome Sophie giunse al Parco, era la più giovane del suo gruppo e preoccupava il suo aspetto gracile e timoroso. Al momento del pasto cercava la disattenzione degli altri per carpire, furtivamente, un poco di cibo che consumava, solitaria, all’angolo più estremo della voliera. Natchez, il maschio dominante, non la degnava di alcuna premura, intento a mantenere il controllo sulle varie femmine che erano sovente oggetto di attenzione da parte degli altri maschi; soprattutto doveva tenere d’occhio Nabù ed Orson, due potenziali rivali che, alleandosi, potevano metterlo in difficoltà.

Cervantes Aureli Animaux Miller

Natchez esercitava il suo ruolo di dominanza con molta distinzione, senza eccedere in esibizioni di muscoli e denti ma facendo sfoggio di un comportamento alquanto imprevedibile, capace di trasformare la tolleranza in collera senza una soglia ben definita di reazione, capace per questo di spiazzare i possibili contendenti. Si comportava insomma come re Artù con i cavalieri della Tavola rotonda: uno sguardo alquanto affettuoso nei confronti dell’amabile regina Ginevra poteva talora essere tollerato dal sovrano, ma era in grado in altri momenti di scatenare una tempesta di gelosia, come ebbe ad accorgersi l’infelice Lancillotto! Ma Natchez, intento a mantenere in una situazione di incertezza passionale i possibili rivali, non aveva ben valutato come stava maturando la mente dell’esile Sophie! Divenuta oramai femmina adulta, non aveva tardato ad accorgersi del fascino che suscitava sui maschi, soprattutto quando imparò a stimolare, forse in maniera ingenua e immediata, le loro concupiscenti attenzioni. Sophie cominciò a corteggiare Nabù, ma lo fece in modo plateale, esponendolo così alle ritorsioni di Natchez; poi destinò, con spirito gioviale, le sue profferte amorose a Orson, scatenando le gelosie di Nabù e favorendo nel contempo i continui interventi repressivi di Natchez. Presto i comportamenti destabilizzanti di Sophie coinvolsero anche la femmina dominante: Nina venne più volte attaccata dai due maschi subalterni senza che Natchez, troppo lusingato da Sophie, che anche in presenza di Nina era molto affettuosa verso di lui, le offrisse pieno appoggio.

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In solo due anni dal suo arrivo Sophie, dosando bellezza e una certa dose di sfrontatezza, fascino e sapiente arrendevolezza, ha dunque acquisito il ruolo di femmina dominante facendo vacillare il potere di Natchez in quanto Orson, uno dei due maschi subalterni, ha acquistato sempre più baldanza, incoraggiato in questo dalla stessa Sophie che ha continuato a lesinargli atteggiamenti palesemente svenevoli in presenza dello stesso Natchez.
D’altronde, se tutto questo si realizza in un gruppo di macachi, di ben più alta complessità è ciò che avviene tra gli esseri umani, adattati alla possibilità di esprimersi attraverso linguaggi simbolici e in possesso di menti atte ad ospitare pensieri molto più intriganti e machiavellici sul piano delle pratiche amorose. Tra l’altro, sono conosciuti gli sconvolgimenti che può suscitare tra gli umani il fascino che emana da un corpo leggiadro o da un volto ammaliatore. Miguel de Cervantes, il padre del Don Chisciotte, racconta la triste fine del pastore Crisostomo che si perse perdutamente per la bellissima Marcella.
Amò, fu aborrito; adorò, e fu disdegnato; implorò una fiera, sollecitò un marmo; corse dietro al vento, diede voce alla solitudine; servì l’ingratitudine, e ne ebbe in premio di essere spoglia della morte“.
Ma la pastora Marcella, apparsa inattesa, e non per questo meno desiderata, ai funerali di Crisostomo, avvenente come una Dea, così si difese dalla accuse di malvagia ingratitudine a lei rivolte:
“Il cielo mi fece bella, e in tal modo che, senza potere fare altrimenti, la mia bellezza vi spinge ad amarmi, e per l’amore che mi mostrate, dite, ed arrivate persino a pretendere, che io sia obbligata ad amarvi. Io riconosco, per la naturale intelligenza che Dio mi ha dato, che tutto ciò che è bello è amabile; ma non arrivo a comprendere come ciò che viene amato sia obbligato ad amare chi lo ama…E così come la vipera non merita di essere incolpata per il veleno che ha, benché con essa uccida, perché è la natura che gliel’ha dato, nemmeno io merito di essere rimproverata perché sono bella; perché la bellezza in una donna onesta è come il fuoco che sta da parte o come la spada affilata: che l’uno non brucia e l’altra non taglia chi non le si accosta“.
Marcella mai incoraggiò la passione degli uomini e sempre li disilluse nonostante le loro insistenze; ella non volle ingannare né amare, ma aborrì la sua coercizione per soddisfare la voglia degli amanti. Indubbiamente ci si trova alquanto distanti dalle profferte amorose di Sophie che, fatte le debite distinzioni, trattandosi di un primate non umano, esprime, nell’immediatezza dei suoi atteggiamenti, il desiderio di intavolare sempre nuovi rapporti sessuali liberando i potenziali partner dalla noia di relazioni fondate su una gerarchica distribuzione di ruoli.

In un’altra piccola colonia di macachi di Tonkeana, prospiciente a quella retta da Natchez, il maschio dominante, di nome Greg, è di mole possente, piuttosto dispotico, poco propenso a tollerare sgarbi da parte dei suoi sottoposti. Le liti nell’ambito degli agoni sessuali, sono subito represse dai suoi minacciosi interventi; ogni civetteria è da lui tenuta sotto controllo, pronta ad essere debellata al minimo trasbordo. Il gruppo mostra un numero più basso di conflitti ma verosimilmente è penalizzato da una minore creatività da parte dei suoi componenti.
Nelle distinte strutture che ospitano i due gruppi di macachi, a parità di condizioni ambientali come la qualità del cibo, le condizioni climatiche, l’arricchimento degli ambienti interni, si sono dunque momentaneamente affermate alcune differenti strategie comportamentali per influenza, tra l’altro, del differente esercizio del comando esercitato da ciascun maschio dominante. Probabilmente nessuna di queste strategie potrà godere di una duratura stabilità in quanto, essendo connesse alle esibizioni più o meno manipolative delle proprie fitness, saranno tutte continuamente esposte al rischio di invadersi reciprocamente. Il dispotismo di Greg non lo pone al riparo dal doversi confrontare, nel tempo, con qualche giovane macaco che, reso forse più spavaldo dalle effusioni di qualche femmina estroversa e amabilmente manipolativa, lo sfiderà a scontrarsi sul terreno della sua stessa strategia, fondata sull’esibizione dei muscoli e della prestanza fisica. Dal conflitto che ne deriverà e dall’instabilità del quadro di comando che si potrà determinare, qualora il conflitto si protraesse per qualche tempo, con conseguenze non eludibili anche sul piano delle possibili lesioni fisiche, potrebbe trarne beneficio un altro maschio che, esprimendo una differente strategia, si dimostrasse più tollerante e creativo, meno propenso alla pura esibizione della prestanza fisica, ma più affascinante e proteiforme nell’esercizio della dominanza.

Qualsiasi pretesa di spingere le varie strategie comportamentali verso un’unica loro espressione ottimizzata, del tipo tutti buoni o tutti cattivi, sarebbe dunque destinata al fallimento in quanto i meccanismi connessi alla scelta dei partner e alle manifestazioni della fitness annullerebbero presto le omologazioni favorendo le novità espressive e i comportamenti fondati sulla creatività. Tali comportamenti tendono per loro natura a essere imprevedibili in modo da sfuggire a potenziali manipolazioni da parte di altri soggetti intenti a condurre un gioco di strategie fatte di alleanze, favoritismi e ritorsioni, tutti fondati sulla possibilità di prevedere il comportamento degli altri soggetti. Il determinismo genetico appare dunque non legittimato mentre il libero arbitrio trova una sua spiegazione adattativa proprio sul versante della creatività e dei comportamenti proteiformi connessi alla selezione sessuale.
Coraggio e viltà, laboriosità e ignavia, rettitudine e pervertimento sono norme di reazione che acquistano valenze diverse a seconda del contesto in cui si esprimono. Non esistono, da un punto di vista ecologico, imperi assoluti del bene contrapposti a quelli del male, perché risulterebbero entrambi sospinti verso una volontà reciproca di annullamento. Si possono al contrario affermare, nell’ambito dei comportamenti proteiformi, situazioni storiche transitorie in cui l’aggressività potrebbe apparire premiante rispetto alla remissività o l’ostentazione del lusso rispetto alla parsimonia, e viceversa.

Se c’è comunque nei processi adattativi, connessi alla selezione, un elemento di generosità di cui le popolazioni umane dispongono in modo preferenziale rispetto agli altri organismi, esso risiede nel fatto che in loro, grazie al linguaggio simbolico, i comportamenti proteiformi possono continuamente riadattarsi sulla base delle esperienze precedentemente acquisite: ciò rende realistico il raggiungimento di equilibri in cui gli atteggiamenti etici, fondati sull’altruismo e sulla convivenza col mondo naturale, possano risultare preminenti rispetto all’egoismo e alle incompatibilità con l’ambiente.
Le strategie comportamentali legate ai processi selettivi naturali fanno spesso oscillare i soggetti che li esprimono tra saggezza e follia, tra comportamenti proteiformi o ottimizzati. È quanto si ritrova, meravigliosamente espresso, nel capolavoro di Cervantes.
Don Chisciotte e Sancio Panza, infatti, non rappresentano uno il buon senso contadino e l’altro i vagheggiamenti intellettuali, uno l’ideale fantasticato e l’altro la realtà perseguita: tutto ciò riproporrebbe una segregazione di tali espressioni comportamentali in soggetti che si incasellano in spazi chiusi ed etichettati. La forza di tali personaggi sta invece nel condividere una straordinaria avventura che li porta, partendo da due mondi diversi e per alcuni aspetti contrapposti, a una percezione dell’umanità in cui ragione e follia, realtà e sogno, pensiero ed azione si invadono reciprocamente rompendo artificiosi steccati. Il loro modo di muoversi nell’ambiente sociale è creativo, talora burlesco, sempre coinvolgente. In loro si realizza in maniera quasi casuale una ricombinazione creativa della loro esperienza umana, da cui scaturiscono nuove idee e emozioni: l’intellettuale che scopre il fascino dell’azione e l’incolto che si affaccia nei campi del pensiero, e il tutto in un alone di esuberante follia che non preclude la saggezza. Il desiderio genuino di vivere giocosamente è sempre un indizio affidabile da vendere sul terreno degli agoni sessuali come indicatore di una buona fitness; i costi di tale manifestazione fisica di creatività sono molto elevati e ancor più per una persona non più giovane come Don Chisciotte che, innamorato della immaginifica Dulcinea, si sente motivato a recuperare in pieno la gioia della vita e non esita a darne dimostrazione allorché “levatesi in fretta i calzoni, restò in camicia e carne nuda e sull’istante diede due calci all’aria e due capitomboli a testa in giù e piedi in alto, scoprendo cose che, per non doverle vedere di nuovo, Sancio voltò le briglie a Ronzinante e si ritenne pago e contento di poter giurare che il suo padrone era uscito pazzo“.

Nell’ambito dei comportamenti proteiformi, e quindi creativi, volti alla manifestazione della fitness, oltre al gioco possono esprimersi forme di corteggiamento verbale che trovano nella poesia forme alte di espressione. Nell’approssimarsi della morte, quando la commedia della vita volge al temine, Cyrano dedica a Rossana tali trepidanti versi:

Voi mi strappate tutto, tutto: il lauro e la rosa!
Strappate pur! Malgrado vostro c’è qualche cosa
Ch’io porto ( e stasera, quando in cielo entrerò,
fiero l’azzurra soglia salutarne io potrò);
ch’io porto meco, senza piega né macchia, a Dio,
vostro malgrado…………. il pennacchio mio
“.

Il pennacchio, cioè la piuma bianca che svetta sul suo cappello, è l’esuberanza gioiosa che antepone il buon gusto al buon senso, l’irriverente all’ossequioso, l’intelligenza creativa di un linguaggio poetico, frizzante e inventivo, alla sdolcinata bellezza di Cristiano, un bellimbusto incapace di esprimere le proprie emozioni attraverso quel comportamento proteiforme da cui si eleva la creatività umana.

Sul tema affrontato in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni bibliografiche libri
  • Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, Torino, Einaudi, 1957, pp. 1201 [nuova edizione 2005, 2 voll., pp.1212: da non perdere la bellissima introduzione di Vittorio Bodini]
  • Filippo Aureli e Frans B.M. De Waal (editors), Natural conflict resolution, University of California press, 2000, pp. 409; in particolare si segnala l’articolo di Bernard Thierry Covariation of conflict management patterns across Macaque species pagg. 106-128
  • L’incroyable Société Des Animaux: Savoir-Vivre, Traditions, Altruisme, in Sciences et Avenir, Hors-Série.n.152 ott./nov. 2007 ; in particolare si segnala Les lois de la Jungle di Odile Petit, pagg. 66-71
  • Geoffrey Miller, Uomini, donne e code di pavone: la selezione sessuale e l’evoluzione della natura umana, Torino, Einaudi, 2003, pp. 514